E ha confermato tutto.
Alessandro “presenta disturbo ipercinetico con difficoltà attentive e disregolazione comportamentale”.
Ora è scritto su un atto pubblico ufficiale. Non si torna più indietro, non che ne avessi intenzione, del resto.
La diagnosi è arrivata due settimane fa. In questi 14 giorni non ho avuto tempo per scrivere, ma ho avuto tempo per metabolizzare.
Non mi aspettavo nulla di diverso, solo nutrivo ancora una speranza, anche se minuscola, che tutto alla fine si risolvesse in un grande fuoco di paglia.
Il mio sogno piccolo piccolo era di chiamare le mie amiche e dire loro: “Tutto a posto, ci siamo preoccupati per nulla. Alessandro è solo molto vivace.”
E poi magari un giorno leggere qualche notizia su qualche bambino con autismo o con Asperger o, appunto, con ADHD, e sentirmi sfiorata da un ciclone che, però, non mi avrebbe mai davvero travolta.
Invece mi ha travolto, eccome se mi ha travolto, ma è un ciclone straordinario. Un ciclone che si chiama Alessandro.
La cosa che mi ha colpito di più della diagnosi è che contiene delle sigle strane. Ho approfondito: sono le sigle corrispondenti al tipo di patologia nel sistema di classificazione delle malattie.
Quindi mio figlio è una sigla, è stato incasellato.
Ha un’etichetta. E quante persone incontrate in questi anni mi hanno detto: “non fidarti delle etichette”. Peccato che poi le etichette gli siano state appiccicate addosso centinaia di volte, ogni volta che mostrava comportamenti inopportuni, quindi con una certa frequenza. Allora mi dico: non è meglio avere un’etichetta che spieghi il senso di certe sue arrabbiature, piuttosto che ricevere l’etichetta di bambino arrabbiato?
Adesso inizieremo un percorso burocratico che porterà al riconoscimento ufficiale del sostegno scolastico (per ora ha solo quello privato, pagato da noi) e dell’invalidità. Una legge ci tutelerà e, insieme, ci inserirà in una categoria. Adesso siamo una categoria. Mi fa paura, mi fa sentire in un certo senso vincolata, ma mi fa sentire anche meno sola.
Tutto ruotava attorno a questa situazione anche prima di due settimane fa. Adesso continuerà a farlo, ma sarà riconosciuto e forse avremo degli aiuti, o forse no, ma almeno saprò rispondere meglio a chi proverà a dargli delle etichette che saranno, quelle sì, del tutto sbagliate, come ad esempio:
“Sei cattivo”.
“Sei tremendo”.
“Non ti stanchi mai, eh?”
“Sei arrabbiato”.
“Sei maleducato”.
Ma anche a noi genitori:
“Avete un cattivo rapporto con lui”.
“Chiaramente avete problemi a relazionarvi con lui”.
“Forse è arrabbiato perché gli è nato il fratello”.
“Ma tutta questa rabbia da cosa gli viene?”
“Ma il padre è presente?”
“Quanto Youtube gli fate vedere?”
“Una bella pizza in faccia e gliela facevo passare io la voglia di fare così”.
“Io gli buttavo tutti i giochi, ti facevo vedere io come cambiava subito”.
Ecco, adesso di fronte a tutte queste frasi saprò come rispondere: con una bella pernacchia.
Il valore delle cose ufficiali
Quando le cose le vedi scritte, assumono un’altra istanza.
Ufficializzare significa mettere un mattone e proseguire nella costruzione.
Per me adesso è come se si fosse chiusa una fase, la fase della ricerca e della comprensione, e se ne fosse aperta un’altra, quella delle risposte e delle consapevolezze.
Credo di aver messo a fuoco completamente mio figlio, e non perché avessi bisogno di definizioni o diciture, ma perché tutto quello che appariva confuso e che mi faceva dubitare, oggi, non esiste più.
La sua rabbia esplosiva, ad esempio, non aveva mai trovato una spiegazione chiara finché non ho capito che derivava dalla sua incapacità di inibire alcuni comportamenti. Ho cercato a lungo altre spiegazioni, dando anche a me la colpa per quello che poteva sembrare a prima vista un suo stato di sofferenza e tormento continuo. Ma ora so che non è così, so che non dipende da traumi, non dipende dal contesto in cui vive, non dipende dal suo caratteraccio (per quanto il caratteraccio ce l’abbia, ma su altri fronti) e non dipende da me, sua madre. Dipende dal suo disturbo, può essere gestita e lo porterà ad essere sempre combattivo, basterà dargli gli strumenti giusti, e così il suo disturbo si trasformerà in un vantaggio.
La sua disorganizzazione? Non dipende dal mio disordine, né dall’assenza di regole chiare, né dalla tv che guarda. Dipende dal suo disturbo, ma troveremo il modo di governarla, e allora diventerà creatività, e si trasformerà in un vantaggio.
Alessandro ha un quoziente intellettivo molto al di sopra della media. Abbiamo scoperto anche questo, anche questo sta scritto nella diagnosi, misurato e trasformato in una sigla e in un numero. Pure questa è una risposta ai nostri dubbi. Come mai non riesce ad interessarsi alle cose che di solito piacciono ai bambini? Perché non gioca con i giocattoli? Perché non riesce a integrarsi nel gruppo classe? Perché è così estenuante e ribatte a tutto ciò che gli viene detto, dal momento in cui si sveglia a quello in cui si addormenta? Finalmente sappiamo che non dipende solo da alcuni suoi comportamenti disfunzionali, ma anche dalla sua diversità, quel quid che lo rende speciale e diverso da tutti gli altri. Anche questo aspetto dovrà trovare il giusto canale di espressione, ma ci proveremo e diventerà un vantaggio.
Vero, mio figlio è un bambino ADHD, ma oltre il muro delle difficoltà iniziali, io per lui vedo solo opportunità.
Ora vorrei proprio vedervi. Un bacio, Lory
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