Oggi sono passata davanti alla vecchia scuola di Alessandro e ho visto la ginestra accanto al cancello d’ingresso. I suoi dritti rami spettinati si affacciavano dalla ringhiera sgretolata come dita di un carcerato affamato di sole. Era bellissima con la sua fioritura giallo intenso e le piccole foglie carnose, rade e brillanti.
L’anno scorso, nei momenti peggiori, vederla era una consolazione. Era una delle poche cose belle di quella scuola e cercavo di pensare a lei, soltanto a lei, ogni volta che svoltavo l’angolo per raggiungere l’edificio quando le maestre mi chiedevano di andare a prendere Alessandro con urgenza.
Le ero così affezionata che per tutta la primavera, e poi in estate, ho pensato di piantare una ginestra anche nel nostro giardino. Volevo che qualcosa della scuola, qualcosa di bello, restasse anche a me, e che mi aiutasse a dimenticare – o forse a perdonare – tutto ciò che che era stato fatto a mio figlio.
Per esempio le urla feroci contro di lui quando pensavano che nessuno li stesse ascoltando.
O quel chiamarlo “monello” davanti alla baby sitter.
O la mancanza di pietà davanti a un bambino che ogni giorno, per mesi, è stato lasciato nelle sue mutande sporche perché questo prevede il contratto di insegnanti e bidelli.
Oppure il mandarlo per punizione nelle altre classi, dove le maestre lo indicavano agli alunni come “il bambino cattivo”.
E il fatto che lui per gli altri bambini fosse ormai esattamente questo: il bambino cattivo, con cui tutti avevano paura di giocare. Tanto che all’uscita, alla mia domanda su come fosse andata a scuola, lui per mesi mi ha risposto sempre nello stesso modo: “A me bene, invece quello cattivo ha fatto le monellerie”. Avere un alter ego gli consentiva di confessarsi con me. Un alter ego a tre anni.
Però c’è anche il risvolto della medaglia: se le maestre non si fossero lamentate dal primo giorno, se fossero state più accomodanti, tolleranti e rassicuranti, non avremmo probabilmente mai iniziato così presto il percorso per la diagnosi dell’ADHD, che oggi ci consente di avere un vantaggio temporale non indifferente rispetto all’inizio delle scuole elementari, e che più di ogni altra cosa ci permette di vivere la quotidianità con consapevolezza e serenità.
Il fiore del deserto
Sono passati undici mesi dalla conclusione dello sciagurato anno scolastico 2018-2019. Alessandro ha cambiato scuola, ha una maestra di sostegno con cui ha iniziato un bel percorso, sappiamo che è un bambino con ADHD, da diverse settimane è a casa come tutti gli altri bambini italiani e prosegue con le sue terapie, seppur a distanza attraverso il computer.
L’anno scolastico 2018-2019 sembra lontano anni luce, ma oggi sono passata davanti a quella scuola e la ginestra era sempre nello stesso posto, il mio bellissimo fiore del deserto. Resistente a tutto, resistente come abbiamo saputo essere anche noi, sfavillante come quei fiori che sanno nascere nella miseria di una strada scalcagnata e di un cancello arrugginito.
Sta lì, continua a rigenerarsi anno dopo anno e so che se la passa bene, perché io e lei ce la intendiamo.