Arrivare secondi

Io non ho un solo figlio, e sebbene spesso le mie energie siano completamente risucchiate dall’ADHD di Alessandro, devo ricordare che oltre ad Alessandro esiste anche Flavio. Non sempre è facile, un po’ perché Flavio cresce e viene su da solo, un po’ perché le energie sono limitate, e prima o poi dove non arrivi devi mettere un punto.

Ma Flavio esiste e reclama le attenzioni che gli spettano, dà fastidio come ogni fratello minore, ruba giocattoli, urla e si arrabbia, fa i capricci, rompe le cose del maggiore, picchia e spinge. Eppure, avere a che fare con lui è facile, almeno in questa fase della sua vita.

Ha un carattere molto forte, ma è anche malleabile e ragionevole. Ottiene le cose con la furbizia più che con l’aggressività. Ha momenti di autonomia, che ti danno respiro, ma cerca sempre anche il contatto fisico, in un modo piacevole e tenero. É molto attivo, ma sa dosare le sue energie, per cui riesce a fermarsi quando è il momento di ricaricare le pile. Forse le sue sono doti, forse questa è semplicemente la normalità e io la conosco adesso per la prima volta.

Difficile non procedere per paragoni quando hai più di un figlio. Ogni caratteristica dell’uno prende forma e si staglia sullo sfondo delle differenze con l’altro. Non che prima tu non conoscessi ogni sfaccettatura del tuo primo figlio, solo che tutto era mischiato nel gran calderone del tuo formarti come genitore, sicché era difficile dare un nome preciso alle cose. Per esempio: è davvero un bambino volitivo e un po’ prepotente o è così perché tu sei troppo permissivo? Quante volte te lo sei chiesto? Oppure: è realmente un bambino con un forte attaccamento materno o forse sei tu a non lasciargli spazio?

Nel mio caso le domande erano altre (sarà così aggressivo per colpa mia? Sarà così sveglio per merito di tutti gli stimoli che gli ho dato io? Sarà così indisciplinato per la mia incapacità di dare le regole? E così via…), ma molte di queste domande sono svanite quando è nato Flavio, che mi ha riportato sulla terra facendomi assaporare un altro modo di essere madre, con altre dinamiche, dettate da una creatura con un’altra personalità, completamente diversa. Perché ho capito una cosa, e non l’ho capita finché non ho avuto due figli: possiamo credere quanto vogliamo di essere noi a plasmare i nostri bambini, ma la verità è che sono individui con la propria personalità, con pregi e difetti che esistono e possiedono a prescindere da noi. Abbiamo un ruolo cruciale nella loro crescita e formazione come individui, questo è chiaro, ma il loro percorso nella vita non dipende solo ed esclusivamente da noi. Veder crescere due fratelli, riconoscere le loro differenze intrinseche così come le similitudini, aiuta a comprendere meglio dove finiscano meriti o colpe della famiglia e dove inizi la loro personalità.

Io riconosco, in maniera egoista e anche un po’ meschina, che avere avuto Flavio mi ha salvato. Mi ha salvato dalla paura di avere una parte di colpa nei comportamenti disturbati di Alessandro. Tutto questo è andato di pari passo con la diagnosi dell’ADHD, ma prima dell’ufficialità, durante i momenti più duri, quelli in cui davvero ho rischiato di sentirmi finita e di perdere la lucidità, poter osservare un altro bambino – ugualmente cresciuto da me ma non problematico – mi ha dato la forza di capire che tutto ciò che Alessandro viveva non dipendeva da me. E se questo è stato orribile (fosse dipeso da me, ci sarebbe stata una soluzione), è stato anche liberatorio. Ho avuto sentimenti egoisti, l’ho già detto, ma aggiungo che l’unico modo per aiutare mio figlio poteva passare solo attraverso l’accettazione della natura del “problema”, e quindi ben venga l’egoismo.

Tuttavia, come ogni altro rapporto tra madre e figli, anche il mio è pieno di ombre e contraddizioni. Da un lato, vedere Flavio sereno mi dà la possibilità di concentrare le energie sul figlio più difficile. Dall’altro mi chiedo se tutto questo sottrarre, comparare e confrontare non stia creando un grande vuoto in Flavio. So che nella vita si fa di necessità virtù, e lui ha già imparato a ottenere le cose a modo suo, tuttavia non posso non chiedermi cosa significhi crescere in una famiglia in cui tuo fratello è l’elemento che più preoccupa i tuoi genitori, quello alle cui esigenze devi adattarti per forza di cose, sempre e comunque.

Tempo fa ho pubblicato questo blog su Facebook. Mi ha scritto una mia amica, una ragazza che non sentivo da anni, e mi ha confidato di essere cresciuta in una situazione simile, quella in cui lei era la sorella del bambino diverso. Ho avvertito il peso della sua condizione, il suo enorme senso di responsabilità ma anche lo strascico di una vita ad essere l’ombra di qualcun altro.

A volte, durante le crisi di Alessandro, negli occhi di Flavio ho visto uno smarrimento in cui mi sono persa anche io. Per me è stato difficile, in quei momenti, riacquisire il mio ruolo e tornare ad essere per lui un punto di riferimento, perché la verità è che la serenità dei suoi occhi a me serve per non andare giù. Ma lui ha diritto di smarrirsi, molto più di me, e io il dovere di afferrarlo prima che vada a fondo.

Ecco, io vorrei un giorno potergli dire tutte queste cose, chiedergli scusa se molte volte ho fatto così poco, ma dirgli anche che lui per me è un vento fresco di primavera, una brezza marina che penetra nei polmoni e ristora, è la luce prima di partire per le vacanze, la strada durante un viaggio verso il paese dell’infanzia. Probabilmente tutto questo non gli basterà mai, forse nessuna mamma basterà mai ai propri figli, ma spero ugualmente che lui un giorno lo legga. E lo capisca. E un po’, magari, mi perdoni.

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